L’amicizia e l’attualità della Costituzione. Sergio Mattarella dopo sette anni torna al Meeting per l’amicizia fra i popoli che quest’anno riprende il tema delle origini, l’«amicizia inesauribile» e – accolto da un lungo applauso ritmato al suo ingresso in auditorium, fa un appello a «espellere l’odio» come «compito della Costituzione». E aggiunge: «Non c’è un diritto all’odio», aggiunge. E qui vi si può cogliere, probabilmente, un riferimento a una delle più discusse affermazioni contenute nel noto libro del generale Vannacci. La Carta non va rifiutata, o modificata se non per «singoli emendamenti puntali». Sono, le sue, parole tratte dal discorso di un grande Costituente cattolico, Giuseppe Dossetti, ai giovani: «Non abbiate prevenzioni rispetto alla Costituzione del ‘48, solo perché opera di una generazione ormai trascorsa – disse -. La Costituzione americana è in vigore da duecento anni, e, in questi due secoli, nessuna generazione l’ha rifiutata. Cercate, quindi, di conoscerla; di comprendere, in profondità, i suoi principi fondanti; e, quindi, di farvela amica e compagna di strada».
Altro passaggio importante, sulla pace alla quale «non vogliamo rinunciare, oggi, in Europa, dopo l’abisso della Seconda guerra mondiale. Non ci stancheremo di lavorare per fermare la guerra. È contro lo strumento della guerra, che siamo impegnati nell’impedire una deriva di aggressioni del più forte contro il più debole. Per costruire, una pace giusta». E, ricorda, «una pace giusta, non può dimenticare il dramma dei profughi».
Mattarella si sofferma molto sul tema del Meeting, e ricorda che l’amicizia è entrata a piene mani nella nostra Costituzione, nell’accezione di “amicizia sociale” evocata da papa Francesco, che aveva ispirato qualche anno prima anche il Codice di Camaldoli, ad opera di un gruppo di cattolici. E «ha ispirato la nostra Assemblea costituente, nella quale, opinioni diverse, si sono incontrate in spirito di condivisione, per affermare i valori della dignità, ed eguaglianza, delle persone; della pace; della libertà. Ecco, come nasce la, nostra, Costituzione: con l’amicizia come risorsa, a cui attingere, per superare – insieme – le barriere e gli ostacoli; per esprimere la nostra stessa umanità», dice Mattarella che cita il ruolo delle formazioni sociali evocate dall’articolo 2 e l’impegno sancito dall’articolo 3 di rimuovere gli ostacoli all’effettivo raggiungimento dell’uguaglianza fra gli esseri umani.
Ma attenzione, non si può «immaginare che l’amicizia unisca soltanto coloro che si riconoscono come simili. Al contrario – sottolinea – Se così fosse, saremmo sulla strada della spinta alla omologazione, all’appiattimento. L’opposto, del rispetto delle diversità; delle specificità proprie a ciascuna persona».
Si lascia alle spalle le ideologie della massificazione che hanno segnato la storia del Novecento, e ricorda che «le identità plurali, delle nostre comunità, sono il frutto del convergere delle identità di ciascuno di coloro che le abitano, le rinnovano, le vivificano. È la somma, dei tanti “tu” uniti a ciascun “io”, interpellati dal valore della fraternità, o, quanto meno, del rispetto e della, reciproca, considerazione».
E tuttavia «non mancano, mai, i pretesti, per alimentare i contrasti» attraverso «la invocazione di contrapposizioni ideologiche; di caratteri etnici; di ingannevoli, lotte di classe; o la pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi». Come avviene «ai confini della nostra Europa, dopo l’invasione dell’Ucraina, da parte della Federazione Russa».
Il capo dello Stato ricorda l’intervento a Rimini del cardinale Zuppi e «la dimensione della comune appartenenza all’unica famiglia umana e nella dimensione dell’incontro, fondare la società, il rapporto con gli altri popoli» da lui richiamata. La nostra Costituzione nasce «per superare, per espellere, l’odio, come misura dei rapporti umani».
In tema di solidarietà non poteva non fare un riferimento, a Rimini, alla tragedia dell’alluvione: «I cittadini della Romagna – e i loro sindaci – non vanno lasciati soli. La ripartenza delle comunità; e, con esse, di ogni loro attività, è una priorità, non soltanto per chi vive qui, ma per l’intera Italia», è il suo appello.
Sull’immigrazione fa un riferimento personale toccante: «Nello studio, dell’appartamento, dove vivo, al Quirinale -rivela -, ho collocato un disegno, che raffigura un ragazzino, di quattordici anni, annegato, con centinaia di altre persone nel Mediterraneo. Recuperato il suo corpo, si è visto che, nella fodera della giacca, aveva cucita la sua pagella: come fosse il suo passaporto; la dimostrazione, che voleva venire in Europa per studiare». Dietro «numeri e percentuali delle migrazioni, vi sono singole persone con la loro storia, i loro progetti, i loro sogni, il loro futuro, tante volte cancellato». Ma «soltanto ingressi regolari, sostenibili, ma in numero adeguatamente ampio», sono lo strumento per stroncare il «crudele» traffico di esseri umani, evitando di lasciarli a vagare «senza casa, senza lavoro e senza speranza»; o «ammassati in centri di raccolta, sovente mal tollerati dalle comunità locali».
La conclusione è un appello ai giovani del Meeting, affinché si affermi «la coscienza che l’ambiente è parte della nostra vita sociale. Che non ci sarà giustizia sociale senza giustizia ambientale; e viceversa. Non vi chiudete, non fatevi chiudere in tanti mondi separati. Usate i social, sempre con intelligenza – raccomanda – impedite che vi catturino, producendo una somma di solitudini, come diceva il mio vescovo di tanti anni addietro. Non rinunciate, mai, alle relazioni personali; all’incontro personale; all’affetto dell’amico; all’amore; alla gratuità dell’impegno».
di Angelo Picariello, Avvenire