Consiglio permanente, Zuppi: «Una nuova stagione per l’Italia e per la Chiesa»

Zuppi Consiglio Permanente

“Grandi e impegnative sfide per il bene dell’Italia aspettano il nuovo Governo, cui rinnovo i migliori auguri, assicurando che la Chiesa, in spirito di cooperazione, continuerà il suo impegno per l’intera comunità italiana, per i più deboli, per la coesione della società, per l’educazione e il bene comune”. Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha dedicato la parte centrale della sua ampia introduzione al Consiglio permanente della Cei – in corso a Roma dal 23 al 25 gennaio – alla situazione del Paese, attanagliato in primo luogo dai “morsi della crisi economica in atto”. Citando i 75 anni della Costituzione repubblicana, ha precisato: “Varie forme sono possibili e in discussione, ma la principale resta viverne lo spirito e applicarla fino in fondo e in tutte le sue parti”.

Lavoro, giovani, inverno demografico. Pandemia e crisi bellica hanno aumentato povertà e disuguaglianze, ha fatto notare il cardinale: per questo è “decisiva la programmazione del Pnrr”.
Oggi un lavoratore su otto ha un ingaggio precario, mal pagato, la denuncia: “La difficoltà nel raggiungere requisiti minimi rispetto al binomio lavoro e casa per diventare economicamente indipendenti e formare un nucleo familiare è tra le preoccupazioni maggiori che i giovani esprimono in tutte le indagini che sondano le loro condizioni, ad iniziare dal precariato del lavoro”. “Garantire sicurezza abitativa” ai giovani, “capace di dare dignità alle persone e generare vita” è dunque una priorità, insieme a quella di “invertire la rotta dell’inverno demografico”: “Non c’è tempo per ulteriori ritardi nell’improntare una seria politica di rilancio della natalità a livello nazionale”.

Anziani, migranti, pedofilia. Zuppi ha accolto “con grande soddisfazione” la volontà del Governo “di riprendere le fila della legge delega per le politiche in favore delle persone anziane, cioè 14 milioni di cittadini”, così come l’approvazione del piano di potenziamento delle cure palliative. Per i migranti e i rifugiati, ha chiesto “maggiori flussi regolari di ingresso, di corridoi umanitari e ricongiungimenti familiari”, in sinergia con l’Unione europea. Non è mancato un riferimento alla pedofilia, con l’elogio per il Primo Report nazionale sulle attività di tutela nella diocesi italiane e l’assicurazione della volontà della Chiesa italiana di “continuare a compiere con fermezza per stare dalla parte dei più fragili e per far crescere una cultura caratterizzata dal rispetto, dalla cura e dalla tutela della dignità di ogni persona”.

Scuola. “La scuola è il laboratorio del futuro di un Paese, in cui si prepara il domani e dove vanno investite le energie migliori e le risorse necessarie”, l’appello sulla scorta di don Milani. “L’ampia rete delle scuole cattoliche dovrebbe essere percepita come un’alleata e non come una avversaria della scuola pubblica”, la sottolineatura per chiedere “un cambio anche culturale”, a partire dal ruolo che hanno gli insegnanti di religione nell’intercettare le domande di senso dei ragazzi.

Guerra. All’inizio della sua introduzione, il cardinale ha menzionato la guerra in Ucraina: “Il mondo deve porre fine a questa guerra e affrontare seriamente gli altri conflitti aperti, che sono meno sotto gli occhi di tutti, ma pure così dolorosi. Con sgomento assistiamo all’uccisione dei sogni delle giovani generazioni e sentiamo il dovere di esprimere la solidarietà verso questa gente che chiede libertà e giustizia”.

Il futuro della Chiesa. La prima parte del suo discorso si è incentrata sulla questione ecclesiale: alla Chiesa italiana, la tesi di fondo, serve un “cambio di paradigma, altrimenti tutto si esaurisce nelle discussione interne”.
La Chiesa come “minoranza creativa” e come Chiesa “di popolo” – e quindi il pontificato di Benedetto XVI, “che ha amato l’Italia come sua seconda patria e la sua Chiesa”, e quello di Francesco – non sono in contraddizione: “La Chiesa deve ritessere il senso comunitario in una società dell’io e dell’estraneità, richiamando ad un destino comune”. La visione della Chiesa come “minoranza creativa”, per Zuppi, “è tutt’altro che contraddittoria con quella visione di Chiesa di popolo di cui è testimone Francesco: “Anch’essa è una realtà del nostro Paese, come manifesta la pietà popolare. Una Chiesa di popolo è una realtà che non pone confini, dogane”. In vista della prossima Assemblea della Cei, infine, in programma dal 22 al 25 maggio, il presidente ha auspicato “un ripensamento anche della struttura della Cei, più capace di esprimere la centralità della Parola di Dio e di servire meglio le Chiese che sono in Italia e rinforzare e servire la collegialità tra noi”.

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